E in Russia la gente com'è?
In Slovacchia, gli slovacchi stessi dicono di essere di tutt'altra pasta, sorridenti. Raccontavano episodi in cui andavano in gita con cechi e stranieri e i cechi oltre a non rivolgergli la parola cercavano di seminarli aumentando il passo. I cechi se stanno mangiando e tu hai la bava che ti cola non ti chiedono: Vuoi assaggiare? neanche per fare la parte. In ufficio ci sono momenti in cui tutti mangiano, io sto tagliando fogli o appiccicando targhette, li guardo e loro mi chiedono: Sei digiuna? E io: Sì. E basta. Alcuni di questi però sono slovacchi.
Ho preso il solito autobus notturno alle quattro di notte. Stavo tornando dalla festa di compleanno del mio ex insegnante di inglese dei quartieri malfamati di Birmingham. Ci aveva invitato a un ristorante italiano dove i piatti erano a base d'aglio più qualche ingrediente tipo parmigiano, melenzane, pomodori secchi. Sul pesce surgelato c'era sopra il prosciutto. Era un posto di lusso con le tende bianche di seta e le maniglie d'oro e tutti eravamo preoccupati del conto, ma l'insegnante diceva Tranquilli costerà normale. Quando è arrivato lo scontrino l'abbiamo visto sbiancare davanti ai nostri occhi. Il prezzo era così alto ma così alto che non sarebbe bastato pulire i piatti. L'insegnante ha speso lo stipendio di due lavori. Almeno gli avevo fatto il regalo. Alle cinque ero ancora dentro l'autobus da sola in mezzo all'autostrada. Ho detto all'autista che mi ero persa e lui mi ha cacciato dicendo in ceco che era il capolinea e tutti dovevamo scendere - tutti ero io. L'autobus aveva cambiato tragitto e nessuno mi aveva avvisato e se anche fosse stato scritto sui cartelli avrei avuto bisogno di Katerina a tradurmi. "La prego mi sono persa" dicevo all'autista e gli dicevo il nome della mia fermata, Ladvi. Lui continuava a cacciarmi facendo il gesto col piede. Mi dava calci finti mentre io aggrappata allo schienale del sedile gli dicevo Ladvi, Ladvi. Poi gli ho detto Fuck you e ho sentito una rabbia dentro che l'avrei davvero preso a calci e a pugni fino a fargli uscire sangue. Se mi violentano è colpa sua, gli gridavo e lui mi dava calci. C'era l'autostrada, un parco senza panchine, una pompa di benzina chiusa e i tacchetti delle mie scarpe da tip tap che rimbombavano metalliche a sottolineare che ero sola. Questi sono i momenti in cui vorresti un fidanzato che invece di preoccuparsi ti dice Minchia che rumore ste scarpe... Camminando al buio ho trovato una fermata e sono tornata al centro e poi a casa. Sull'autobus solo reduci della notte di minimo sessant'anni. Soprattutto donne in pelliccia ecologica col rimmel sbavato. La mia pelliccia verde purtroppo l'ho lasciata a Palermo. C'è da dire però che in fondo in fondo non avevo paura, perchè in questa città di gente con la raggia mi sembra che non possa succedermi niente. Che più che farmi male mi ignorano o al massimo mi danno calci finti. Qui a Praga mi sento dentro una palla di vetro dove la neve invece di cadere te la tirano in testa ma sembre neve è.
In Slovacchia, gli slovacchi stessi dicono di essere di tutt'altra pasta, sorridenti. Raccontavano episodi in cui andavano in gita con cechi e stranieri e i cechi oltre a non rivolgergli la parola cercavano di seminarli aumentando il passo. I cechi se stanno mangiando e tu hai la bava che ti cola non ti chiedono: Vuoi assaggiare? neanche per fare la parte. In ufficio ci sono momenti in cui tutti mangiano, io sto tagliando fogli o appiccicando targhette, li guardo e loro mi chiedono: Sei digiuna? E io: Sì. E basta. Alcuni di questi però sono slovacchi.
Ho preso il solito autobus notturno alle quattro di notte. Stavo tornando dalla festa di compleanno del mio ex insegnante di inglese dei quartieri malfamati di Birmingham. Ci aveva invitato a un ristorante italiano dove i piatti erano a base d'aglio più qualche ingrediente tipo parmigiano, melenzane, pomodori secchi. Sul pesce surgelato c'era sopra il prosciutto. Era un posto di lusso con le tende bianche di seta e le maniglie d'oro e tutti eravamo preoccupati del conto, ma l'insegnante diceva Tranquilli costerà normale. Quando è arrivato lo scontrino l'abbiamo visto sbiancare davanti ai nostri occhi. Il prezzo era così alto ma così alto che non sarebbe bastato pulire i piatti. L'insegnante ha speso lo stipendio di due lavori. Almeno gli avevo fatto il regalo. Alle cinque ero ancora dentro l'autobus da sola in mezzo all'autostrada. Ho detto all'autista che mi ero persa e lui mi ha cacciato dicendo in ceco che era il capolinea e tutti dovevamo scendere - tutti ero io. L'autobus aveva cambiato tragitto e nessuno mi aveva avvisato e se anche fosse stato scritto sui cartelli avrei avuto bisogno di Katerina a tradurmi. "La prego mi sono persa" dicevo all'autista e gli dicevo il nome della mia fermata, Ladvi. Lui continuava a cacciarmi facendo il gesto col piede. Mi dava calci finti mentre io aggrappata allo schienale del sedile gli dicevo Ladvi, Ladvi. Poi gli ho detto Fuck you e ho sentito una rabbia dentro che l'avrei davvero preso a calci e a pugni fino a fargli uscire sangue. Se mi violentano è colpa sua, gli gridavo e lui mi dava calci. C'era l'autostrada, un parco senza panchine, una pompa di benzina chiusa e i tacchetti delle mie scarpe da tip tap che rimbombavano metalliche a sottolineare che ero sola. Questi sono i momenti in cui vorresti un fidanzato che invece di preoccuparsi ti dice Minchia che rumore ste scarpe... Camminando al buio ho trovato una fermata e sono tornata al centro e poi a casa. Sull'autobus solo reduci della notte di minimo sessant'anni. Soprattutto donne in pelliccia ecologica col rimmel sbavato. La mia pelliccia verde purtroppo l'ho lasciata a Palermo. C'è da dire però che in fondo in fondo non avevo paura, perchè in questa città di gente con la raggia mi sembra che non possa succedermi niente. Che più che farmi male mi ignorano o al massimo mi danno calci finti. Qui a Praga mi sento dentro una palla di vetro dove la neve invece di cadere te la tirano in testa ma sembre neve è.