giovedì 25 dicembre 2008

Vesele Vanoce!

I cechi per la vigilia prima di accendere la luce del pianerottolo vedono se qualcuno dei vicini l'ha già accesa, se no saranno i prossimi a morire. Mettono delle barchette fatte col guscio di noce dentro una bacinella con l'acqua e intuiscono mala sorte se la barchetta annega, se no, tutto è possibile. Tirano la pantofola all'indietro verso la porta: se la punta indica fuori sono previste partenze. In casa le scarpe non si usano. Io avevo una gonna nera a fiori arancioni, viola e bianchi e mi hanno dato delle pantofole blu a fiori fuxia, verdi e gialli. Sembravo un alberello di natale tascio.
Katerina mi ha invitata a casa sua a passare il natale. Ho portato una bottiglia di Nero D'avola e un cappellino col fiore per lei. A casa mia i regali si danno il 25, quando si danno. Da lei si danno il 24 e a me ne hanno dati 5. La famiglia di Katerina mi fa dimenticare tutti i cornetti che i commessi cechi mi hanno tirato. Siamo andati anche al cimitero dove non ci sono così tante foto come a palermo e pensavo che tutti si chiamassero rodina, invece significa famiglia. I signori importanti avevano dei blocchi di marmo grigi, fascisti; anche quelli buoni che avevano aiutato i poveri. Katerina mi raccontava di sua nonna che era rimasta orfana da piccola, era stata affidata a uno zio ed era morto pure lui. Mentre me lo raccontava pensavo a mia madre che sin dalle elementari faceva l'infermiera a mia nonna e ho fatto riflessioni sulla reincarnazione. Mi chiedevo con quale criterio uno si reincarna: inizia con una vita di merda che va sempre a migliorare? O dipende da come te la giochi?
A volte mi viene il dubbio che la vita sia una e basta.
Il nonno di Katerina era solo da dieci anni. Vestito come tutti i nonni del mondo, compresa la coppola. Ci siamo fatti una foto abbracciati, mentre mangiavamo la torta a forma di carpa. Il padrone di casa deve cucinare i dolci con le proprie mani. E' una regola. Vorrei vedere mio padre a fare la cassata. L'ho sentito al telefono e mi fa: Ci sono dolci là? E io: Certo papà: No perchè io quando facevo il rappresentante una volta sono andato in un paesino della Puglia e la mattina quando siamo andati a fare colazione al bar, a parte il caffè non c'avevano niente.
In Cechia hanno dei dolci buonissimi. A un certo punto il padre di Katerina si è messo a suonare il pianoforte, il fratello il violino, lei il sassofono, la madre la pianola, il nonno cantava e a me mi hanno chiesto: Tu sai cantare, sai suonare qualcosa? Mi sono vergognata di non saper fare niente. Forse nell'altra mia vita ero un bradipo. Cantavano le canzoni di Natale e Bella Ciao. Poi siamo andati tutti in chiesa anche se loro non credono e io avrei capito zero. A casa ci aspettava la registrazione di un film per la tv ceca in cui recitava il fratello che è una specie di Alessandro Preziosi. Si è messo pure a nevicare. Guardavo fuori dalla finestra di questo villaggio vicino Nachod, con le casette, gli alberi che vogliono abbattere per fare un'autostrada, le galline, il nulla e mi mancava Palermo. La madre di Katerina mi ha regalato il ferro da mettere sotto le scarpe per il tip tap. Lei lo fa da sette anni ed è diventata campionessa di qualcosa. Lo insegna pure. Aveva le foto di un viaggio fatto in Italia, in cui c'era Palermo e il Santuario di Santa Rosalia. La Santa, ho gridato. La Santa.
La mia amica Chiappara che è venuta a trovarmi dice che dovrei trasferirmi qua. Mi ha comprato la statuina del bambinello Gesù con il vestito viola, il mio preferito. Pregherò che mi faccia innamorare, a Praga, Nachod, Palermo, Torino, treno, pullman, dovunque. Prenderò lezioni di fisarmonica con mio figlio e a Natale canteremo tu scendi dalle stelle dal balcone.
Il 25 sono stata a casa con gli altri Leonardi. Ci siamo vestiti bene e ci siamo scambiati i regali col sorteggio. A me è capitato un souvenir di Praga a forma di boccale. Il regalo peggiore però a quanto pare è la candela blu capitata a Giulia. Anche se in fondo chi se ne frega. Di pomeriggio ognuno è tornato al suo computer.
Buon Natale miei affezionati lettori.
Io pregherò il bambino Gesù col corredino. Voi pregate chi volete.

martedì 16 dicembre 2008

Le lapidi sono dovunque

Praga oltre a contare il maggior numero di persone sciancate o con stampelle, conta anche il maggior numero di facce tumefatte. Oggi ho visto almeno quattro ragazzi con un occhio nero. O hanno partecipato tutti alla stessa rissa o è una coincidenza o hanno una malformazione congenita come se ne vedono tante. Questa città ha la raggia nel cuore. Con i brasiliani andavo sempre in un ristorante pub vicino il teatro (fabbricone) e ci portavano i menù in inglese. Di malavoglia ma ce lo portavano. Non che servisse visto che per i brasiliani l'inglese era uguale al ceco, ma per me che ero l'interprete professionista era meglio. Ci sono tornata da sola in questo pub e il cameriere mi ha portato il menu in ceco. Gli ho detto se per favore mi portava quello in inglese e mi ha detto che non ce l'avevano. Ma come no?; No, mi fa lui, con le mani come a dire, cazzi tuoi. Guardo il menù per cinque buoni minuti soffermandomi sui disegni a bordo pagina e poi mi alzo incazzata e vado al bancone. Voglio un menu in inglese, ce l'avete, dico. Il cameriere mi fa gridando: Sit down, sit down. Ma dove s'è visto mai un cameriere che dice al cliente Siediti! In Cechia si vedono, solo qui. Viene un altro cameriere che fingeva di parlare inglese e mi spiega quattro piatti. Ne ordino uno a caso e me ne porta un altro. Ci credo che poi uno è arrabbiato e va in giro con la funcia.
Per sfogare la rabbia stamattina sono andata a correre. Avevo detto qui a casa che sarei andata alle otto ma quando alle otto le altre si sono svegliate e io ancora runfuliavo, mi hanno chiamata Talk Talk. E invece ci sono andata alle nove e mezza a correre. Mi sono fatta prestare le scarpe da tennis da Barbara, che ha una misura in meno di me. Ci sono andata alle nove e mezza e alle dieci meno venti ero già di ritorno. "Ma che, non ci sei andata più, Talk Talk?" mi ha detto Martina. "Secondo te perchè c'ho il fiatone?" ho detto indispettita. "Le scale?"; "No, ho fatto dieci minuti. Era il primo giorno. Piano piano." Ha iniziato a ridere e non l'ha finita più. Voglio vedere lei a correre con le scarpe strette, in mezzo alla strada con le macchine che passavano. Prima di trovare un parco ho rischiato di essere investita da un'ambulanza sul marciapiede. E quando l'ho trovato non l'ho capito subito che era un parco. Attorno c'era una specie di baraccopoli con un camper che vendeva biglietti per entrare. Volevo capire cosa c'era da vedere ma lo sportello era chiuso e dentro la baraccopoli c'erano solo capanne di alluminio e sedie scassate. Domani andrò a correre per quindici minuti e lo scoprirò.
Quando cammino per questa città mi sembra di stare dentro il catalogo Postalmarket, come direbbe Costanza. Già quand'ero piccola, negli anni 80, i vestiti del Postalmarket mi sembravano anni 70, perchè anche se non capivo niente di moda associavo gli anni 70 a Rod Stewart e a come si vestivano nell'Ispettore Derrick, che purtroppo è morto ieri o l'altro ieri. Praga è un catalogo umano recuperato dalla cantina di qualche casa. Mi sembra che il tempo si sia fermato e io ho perso il passaggio per il futuro insieme a Micheal J. Fox. Però mi piace. Capissi la lingua manderei tutti affanculo e mi farei rispettare. E d'altronde non è manco colpa loro se la lingua non la capisco e loro non parlano inglese. Non è colpa di nessuno. Domani pulirò i cessi del teatro. (fabbricone), fa parte del mio internship.

domenica 14 dicembre 2008

Anche i bagni qui fanno paura

In aereoporto, mentre aspettavamo i brasiliani che non arrivavano mai perchè braccati al controllo, agli arrivi c'eravamo solo io, la ragazza polacca che lavora con me e una famiglia inglese con madre, padre e due bambini piccoli, maschio e femmina. La femmina aveva le smanie e piangeva perchè voleva le patatine del fratello. Si arrampicava dovunque trovava appigli e gridava. A un certo punto le porte si sono aperte ed è uscito un signore anziano. "Il nonno" ha detto la mamma. La bambina si è zittita, l'ha guardato e il nonno senza salutare nessuno le ha preso la mano e se ne sono andati. Come se non stesse scendendo dall'aereo ma fosse andato a prendere qualcosa in macchina. Lui altissimo e lei minuscola che per dare la mano al nonno doveva stare un pò in punta di piedi.
A me queste cose commuovono. Chissà che problemi ho, pensavo. Ho guardato la polacca e aveva gli occhi lucidi anche lei. Chissà che problemi abbiamo, ci siamo dette.
Penso al vecchio col bastone che abita al settimo piano, a Torino, nel palazzo senza ascensore. Lo incontro nel pianerottolo quando vado a portare fuori Rama e quando ritorno lui è appena arrivato in cortile. Penso a quando alle scuole elementari è venuto il sindaco Orlando e ci hanno fatto mettere in fila ordinata. Facevamo bordello e la maestra è impazzita e si è messa a prenderci a schiaffi alla rinfusa. Ovviamente a me mi ha presa in pieno e mi ha fatto male. I genitori di tutti noi bambini volevano farla licenziare e il giorno dopo, a una riunione, lei con la testa bassa ci ha chiesto scusa e io che ero la più arrabbiata di tutti quando l'ho vista con la faccia bassa, i capelli bianchi oleosi, le rughe nelle mani, mi sono alzata e le ho dato un bacio. I miei compagni mi hanno preso per il culo fino alla fine dell'anno.
I vecchi mi fanno piangere. Vecchi e bambini insieme mi fanno piangere di più. Se poi ci sono anche cani in mezzo piango a singhiozzo.
I brasiliani sono partiti e io sono molto triste. Il percussionista è andato via il giorno prima; per accompagnarlo all'areoporto mi sono svegliata alle 4. Aveva il cambio a Parigi e aveva paura che lì non ci avrebbe capito niente. Era terrorizzato. "E' troppo grande quell'areoporto" mi diceva. "Se sbagli strada per tornare indietro devi prendere il taxi e lì le macchine non possono entrare." Ci siamo mangiati un panino con l'uovo e gli ho regalato i miei guanti bianchi a righe nere che in Brasile non userà mai. Il ballerino invece è andato via ieri mattina; prima l'ho accampagnato a comprare dei distillati di Praga da portare agli amici e due babbi natale di cioccolata per i nipotini. Al supermercato girava col mio capello di lana celeste con le foglie disegnate. Era strano vedere uno che riesce a muovere tutti i muscoli contemporaneamente e che viaggia da un capo all'altro del mondo comprare il babbo natale. Qualsiasi età abbia, di bianco ha solo qualche pelo sulla barba. All'areoporto ho pianto. Sua moglie è fortunata ad avere uno così, che tratta la gente allo stesso modo, e non come il regista che dopo lo spettacolo ha ringraziato solo i famosi e agli altri che si erano fatti un culo tanto manco una stretta di mano. La moglie del ballerino è fortunata e a me mancherà. Questa mia incursione nel mondo teatrale è valsa la pena solo solo per lui. A parte il regista che mangiucchia tutto il tempo e schifa chiunque non entri nel suo spettacolo, gli attori sono simpatici. Ti parli per cinque secondi e poi tutte le volte che ti incontri sono baci e abbracci. Questi lavorano otto, nove ore al giorno, quando va bene, e guadagnano al mese meno dell'affitto di casa mia a Torino. Quelli che lavorano in ufficio invece fumano 3 pacchetti di sigarette, mangiano davanti il computer e quando si ubriacano hanno gli occhi tristi. Io ho soltanto guardato in questo mio stage: guardavo i ballerini che sudavano al workshop, ("Beata te che stai spaparanzata" mi dicevano. "Voi però siete delle scamorze affumicate e io una ricotta" rispondevo, anche se non so i nomi dei formaggi in inglese), guardavo le tipe che si pigliavano per i capelli in ufficio, guardavo gli ospiti che si tenevano gli occhi aperti con le mani durante le conferenze. Certe volte è bello non essere pagati per non essere coinvolti nello stress.
Alla festa di saluto tutti si abbracciavano e ridevano. A me a un certo punto mi facevano male le mascelle dal sorridere ed ero stanca di stare simpatica per forza. Volevo stare in un angolo e accarezzare il mio cane che è a casa. A momenti quando sono circondata da tutta questa gente ho impulsi di esaltazione e subito dopo mi sento tristissima. Vorrei degli abbracci duraturi; qualcuno da aspettare all'aereoporto senza bisogno del cartellino col nome.
Fra poco è Natale e la città è piena di alberi addobbati e mercatini dove vendono il vin brulè. Hanno momtato delle chiese di plastica trasparente dove cantano le canzoni in latino. Con chi parlo parlo tutti passano le feste in famiglia. Anche il regista non prescinde. Io e quelli della comune siciliana faremo un pranzo con tombola annessa. Se i miei genitori sapessero usare Skype ci guarderemmo almeno. Non sanno manco scrivere i messaggi sul cellulare. Sono vecchi e quando penso a loro mi viene da piangere. Chissà davvero che problemi ho.

mercoledì 10 dicembre 2008

In metro le signore tigrate si puliscono i denti con l'unghia del mignolo lunga e tigrata anch'essa. Io almeno avevo solo le mutande.

"Sta per arrivare l'inverno" dice l'attore ceco in maniche corte. "E questo cos'è?" diciamo all'unisono io e il percussionista brasiliano con capello di lana e guanti - miei - a righe bianche e nere. Lui lo dice in portoghese e io in italiano che spaccio per portoghese senza manco preoccuparmi di mettere la u finale. Per strada c'è la brina; se esci le mani dalla tasca non le senti più. "In Brasile c'erano 40 gradi" dice il ballerino brasiliano famoso che da quando è arrivato non ha avuto il tempo di dormire e nell'hotel non ha il telefono, la colazione e il collegamento internet. "Mia moglie mi dice che sono un poverino."
Li vado a prendere la mattina presto e li riporto la sera tardi. Insieme facciamo pranzo e cena perchè appena distolgo lo sguardo i cechi vogliono fotterli aggiungendo portate in più che non sono comprese nel menù. I brasiliani non parlano inglese, figuriamoci ceco. Io parlo tutto male ma parlo. E poi siccome sono un'interprete professionista, lo scopo delle mie giornate è andare a mangiare. I miei discorsi con i brasiliani sono: Comemos? Què comemos? La mia capa coreana mi dice di tenermi buoni i contatti perchè il ballerino è una persona importante. Mi dice di chiedergli un sacco di cose sul suo lavoro, e io infatti gli chiedo come si è innamorato di sua moglie - che è italiana e pure un pò famosa - quanti cani ha, se i suoi due pavoni vanno d'accordo con i cani, ecc.
Prendiamo per il culo il regista che durante una conferenza, nel suo consueto discorso finale, dice che era una serata di sincronicità, che tutti i presenti erano lì per un motivo, la vita non è casuale; invece di farci la guerra, diceva il regista, dovremmo danzare e volerci bene. Ma se manco mi saluta.
In queste conferenze ci sono almeno due traduttori, uno dal portoghese all'inglese e uno dall'inglese al ceco. Poi il ballerino coreano ha fatto una domanda in coreano ed è arrivato un terzo traduttore. In differita. Sembrava un cabaret. Questo è teatro, ha detto la drammaturga vecchia sprizzante energia. Mi chiedo dove stava la sincronicità.
Gli animali sconosciuti continuano a mordermi. Solo a casa mia e solo a me. Forse sono nel materasso. Prudo e mi gratto durante le conferenze seguendo il ritmo dei bonghi che non è per niente bongoloide. "Tiene el ritmo en el sangre" mi dice il percussionista mentre mi gratto. "Tengo le pulci en el sangre" gli dico, ma non mi capisce.

lunedì 1 dicembre 2008

Un passo sì e uno no

Più passa il tempo più capisco la praghità, anche se non tutto. I semafori pedonali durano due passi svelti e la luce del pianerottolo due gradini perchè la gente va velocissima - e comunque la percentuale di sciancati ingessati o su stampelle supera quella dei "sani". Per rimanere allineata con le cape per strada mentre facciamo le commissioni mi viene il fiatone - non si dica mai che io sono lenta.
Non ho capito ancora bene cosa sto facendo in questa compagnia teatrale dove lavoro. Dovunque mi trovi mi sembra di fare le stesse cose. La rivista era in una fabbrica abbandonata e incollavo. Questa è più o meno una fabbrica abbandonata e incollo. Ho incollato loghi degli sponsor sui poster perchè quelli della copisteria se li sono dimenticati. Ho tagliato fogli col taglino sopra un termosifone a forma di tavolo che mi ha fatto cambiare il colore delle mani. Porto caffè, compro il latte, accolgo bongettisti brasiliani, porto flyer scritti in ceco nelle scuole americane. Il teatro dov'è? Anche questo spero di scoprirlo col passare del tempo. All'ora di pranzo non mangia nessuno, mangiano quando io farei merenda o spuntino. Anche il chiwawa con le borchie d'oro che è venuto in ufficio aveva fame. A lui hanno dato polpette gourmet, a me niente. Solo la coreana manager mi offre da mangiare, altrimenti vado nelle bancarelle di natale montate fuori dalla metro, vicino ai giochi per i bambini: un trenino con un unico passeggero e una giostra con i cavalli veri. Quando mangio sola a un tavolino e non ho niente da leggere, inghiotto in due o tre bocconi e non sono mai sazia. Mai sazia.
Dicono che le pulci in realtà sono zanzare. Nella mia ignoranza proverbiale pensavo che le zanzare fossero animali estivi. Non sono ancora del tutto persuasa.