giovedì 5 febbraio 2009

un pezzo d'universo

Sono tornata a Torino da due settimane e passa e mi sembra che da Praga non me ne sono mai andata perchè Torino è la continuazione di Praga e anche se non c'è Kafka ma Fruttero e Lucentini, un Fruttero e Lucentini, è tutto molto accardiano lo stesso. Lì ti tiravano i cornetti in testa, qui se uno ti sbatte l'ombrello nell'occhio invece di chiederti scusa pretende le scuse da te. Lì era colpa del comunismo, qui della recessione. Dovunque c'è tristezza e disoccupazione. Un ragazzo è stato rapinato e in commissariato per fare la denuncia volevano cinque euro. Per distrarmi volevo fare tip tap ma o ero l'unica iscritta o non avevano attivato il corso. Nella scuola per attori non ho osato. Quindi mi sono iscritta a ginnastica dolce in un palestrone Reale, insieme agli ottuagenari. Loro però riescono a stringersi le mani dietro la schiena e io no. Entro e nessuno mi chiede chi sono e chi non sono, neppure se sono iscritta. Non sono iscritta infatti. L'insegnante diceva a me e agli ottantenni che eravamo in tempo per la prova costume, attorno a me sentivo: prima ci devo arrivare alla prova costume. Torno a casa sotto la pioggia; io esco ed entrano i giovani di arti marziali e di acrobatica. Il prossimo anno faccio acrobatica, penso. Il prossimo anno faccio tutto. Piove e sbaglio fermata dell'autobus. Ma che ci fai a Torino? mi hanno chiesto un pò tutti da quando sono tornata, dato che non ho lavoro. Boh. Cammino sotto la pioggia pensando che forse era meglio starsene a Praga, fare tip tap con vecchi e bambini, uscire con Katerina, bere birre a tignitè - qui l'aperitivo è aumentato di brutto. Ho portato Simona in un locale scrauso dicendole che era il più economico di Torino e il vino era cinque euro. A settembre era 3 euro. E' aumentato anche l'affitto. Chissà se ci arrivo anch'io alla prova costume. Cammino senza darmi risposte; come direbbe Dave: è così. Non so se lo direbbe Dave, mi piace pensare che lo direbbe lui perchè da quando è andato a Roma è il mio maestro di saggezza. Cammino con tutto il piumino bagnato e cerco un bar per prendere un caffè. Un tipo con gli occhiali grandi rotondi con la montatura bianca, vestito come Manu Chao mi chiede se può regalarmi un pezzo di universo. Ne ho già dieci ma un pezzo di universo in più non fa mai male, gli dico. Mi dà un pezzo di puzzle e spalanca il braccio. Lo abbraccio e lui mi dà mille baci sulla guancia. Mentre sono lì per strada, davanti il ristorante giapponese, a farmi abbracciare e baciare, la gente passa e ci guarda male. Il tipo che si chiama Graziano continua ad abbracciarmi e dice che sono tanto dolce e tanto bella. Io mi sento a disagio con gli abbracci, soprattutto dei maschi, mi sento a disagio con i baci continui sulle guance, quando lo faceva mia nonna volevo scappare, quando lo fa mia madre voglio scappare. Graziano inizia a baciarmi all'eschimese, naso contro naso e io rimango lì. Non ti voglio violentare, mi dice. Mi fa paura come mi può fare paura uno con gli occhiali grandi rotondi dalla montatura bianca - anche se il mio ex non era poi così diverso. Mi dice che sono dolce, che sono bella e io li odio i complimenti, perchè "sei bella sei bella però preferisco la bionda norvegese". Odio i complimenti ma da Graziano me li faccio fare e ci abbracciamo per tre ore davanti il ristorante giapponese, con la gente che passa e ci guarda male, la pioggia che batte sull'ombrello di Graziano che però ripara anche me. Lui continua a fare naso naso.
"Ma tu vai a dispensare abbracci in giro?"
"Nessuno si fa abbracciare, solo tu che sei dolce. C'è tanta dolcezza repressa in te" mi dice. Poi naso naso. "Non sei abituata ai baci dolci". Eh no Graziano. "Solo ai baci passionali". Eh no Graziano. Da un pò di tempo a questa parte mi sento neutrosessuale. Naso naso, abbracci e poi mi stacco. Gli dico che sono tornata dalla palestra e devo farmi la doccia. "Ecco perchè non sei aggressiva, hai scaricato tutta l'aggressività in palestra." Il prossimo anno acrobatica, penso. Mi dà gli ultimi baci sul mento.
Torno al mio "castello", come lo chiama Graziano, sotto la pioggia. C'è aria di tristezza in giro, ma io sono ancora friendly.
Prossimamente: iamintorino

mercoledì 14 gennaio 2009

Shiny happy people

"Non ho imparato manco a fare le fotocopie" dice Sofocle, che è andato a lavoro due volte in tre mesi e il suo compito era scrivere un mini articolo sui rom. Di solito fare le fotocopie è considerato l'ultimo gradino nella scalata sociale, uguale a fare i caffè e pulire i cessi. Se non fai manco quelli sei sotto la scala o peggio ancora gli stai passando in mezzo che porta sfortuna. I nostri datori di lavoro devono rilasciarci dei certificati che attestano le abilità che abbiamo acquisito. A che ridevo per Sofo a che ho pensato: ma perchè io ho imparato a fare le fotocopie?
Speravo di fare un lavoro diverso da quello di traduttrice e invece alla fine ho perlopiù tradotto. Sono perfino diventata una love translator. Quando l'americana cinquantenne voleva scoparsi il brasiliano giovane che non parlava niente di inglese mi ha chiesto di tradurre le loro transazioni. Lei mi diceva: Chiedigli se vuole scopare con me stanotte. Vengo nella sua stanza d'albergo. E io lo traducevo in portoghese, lingua che sconosco, cercando termini eleganti. Sono andati via insieme e la mattina quando sono andata a prendere lui alle 4 per portarlo in aeroporto e gli ho chiesto com'era andata la serata mi ha detto che non aveva capito niente, che pensava lei volesse dividere il taxi perchè abitava vicino all'albergo di lui. La chiarezza è un'abilità che non ho acquisito.
Però una cosa c'è. A 20 anni quando sono andata in Irlanda per fare la ragazza alla pari non vedevo l'ora di tornare. Non avevo amici, l'unico amico era il bambino di un anno a cui facevo da babysitter che aveva imparato a dire il mio nome. Quando sono andata in Spagna per l'Erasmus a 24 anni non vedevo l'ora di tornare perchè il mio coinquilino era un macellaio pazzo e avevo due o tre amici che ho recuperato solo da un mese su facebook. Quando mi sono trasferita a Torino in 4 anni mi sono fatta meno amici di quanti ne ho adesso a praga. Se c'è una skill che ho sviluppato è che sono diventata friendly. E' iniziato da quando Simona una volta mi ha detto che quando conoscevo gente nuova, soprattutto se eravamo in tanti e a tavola, io stavo sempre zitta. Me l'ha detto anche Laura che non ero il massimo della convivialità. Ora sono il massimo della convivialità. Tiè. Intrattengo i brasiliani col mio finto portoghese, i coreani col mio finto inglese, i cechi poliglotti col mio finto italiano e i cechi non poliglotti a gesti. Alcuni cancellano impegni per potermi salutare come si deve. Krystyna la polacca mi ha regalato una calamita col baby jesus. Patricie la ballerina mi ha voluto presentare il suo fidanzato argentino a tutti i costi. Col vecchio oggi mi stavo mettendo a piangere, ma sono una dura come dave. Se si potesse mettere come skill direi che sono diventata friendly. In un posto dove se ti trovi per caso nella stessa traiettoria di uno che ha fretta ti sbuffa in faccia sputandoti.
Oggi ero alla galleria nazionale in uno dei workshop per bambini. la prima fase era mandare i bambini in una sala espositiva, fargli copiare un'opera che più gli piaceva e poi andare in aula e commentare. Io ero lì in sala senza far nulla, chiedevo alla tipa di spiegarmi qualche quadro e lei mi lasciava sbattere. A un certo punto vedo lei e i bambini allontanarsi e uscire dalla sala. Lei mi guardava e poi ha affrettato il passo. Mi avevano seminato. Nel famoso bivio posso dire che: Mari è andata a Praga e nonostante l'ostilità dei praghesi diventò friendly.

domenica 11 gennaio 2009

è tutto molto accardiano

Quando mi chiedono di raccontare la mia esperienza di lavoro nella praghesia e molto onestamente gliela racconto, tutti commentano che è molto kafkiana. Io, che di Kafka ho letto solo la metaformosi nell'antologia della scuola media e per colmare l'ignoranza mi sono fatta portare Il Processo da Chiappara quando è venuta a trovarmi ma dopo la prima pagina ho ripreso a leggere La storia dei trattori in Ucraina, non so bene cosa significa kafkiano ma credo sia uguale ad accardiano: illogico, senza senso.
Mi chiedono: Che lavoro fai? E io: lavoro alla Galleria Nazionale. E tutti: Oh, figo. E che fai? Disegno. Cosa? Disegno. Ero interessata ai workshop e la mia referente ha detto che potevo essere di molto aiuto. Sono andata lì - era un laboratorio di pittura - nessuno sapeva che dovevo andarci, parlavano in ceco e disegnavano. Io ero seduta su una sedia e li guardavo disegnare. Ho chiesto all'insegnante se potevo scattare delle foto, come documentazione. No, mi ha risposto. Stai tranquilla e siediti. Il secondo workshop era pure di pittura ma cubista. L'insegnante prima ha fatto fare un tour della mostra cubista - non si è posta il problema che io avessi bisogno di una traduzione - e poi ha lasciato come compito di fare un dipinto. Una signora bionda vedendomi ciondolare spaesata mi ha messo un foglio e un pennello in mano e mi ha fatto spazio sul tavolo. Dovevamo lavorare in coppia e farci il ritratto reciproco. C'erano tempere, acrilici, pettini rotti, cartoni, sabbia. Gli altri sapevano il fatto loro, io andavo a muzzo. Copiavo la signora che però stava ritraendo me e quindi non potevamo fare le stesse cose. L'insegnante mi ha detto: Mari, il tuo quadro è bellissimo, ma forse devi colorarlo un pò meglio. Però è bellissimo, davvero. Alla fine abbiamo fatto una specie di esposizione delle nostre opere. Io ho pensato bene di nascondermi dietro l'attaccapanni e far finta di niente. L'insegnante non mi ha cercato.
Ieri dovevo andare a un lavoratorio di fotografia. Vado all'indirizzo che mi ha dato la mia referente. Dico ai guardiani che sono venuta per il workshop e si mettono a ridere. Era da un'altra parte. Poi sono venute delle persone che mi guardavano e ridevano senza motivo. Vaffanculo, ho pensato, non ci vado. E sono andata a comprarmi dei souvenir nel quartiere ebraico, dove ho trovato la matrioska di Micheal Jackson che Costanza tanto voleva ma che costava 20 euro. Vaffanculo, pensavo. Voglio essere un'adulta e avere una vita regolare: un marito, una casa, un lavoro, una macchina e un cane. Mi va bene anche un fidanzato, una roulotte e un cane. O solo un fidanzato e un cane. O anche un cane a sto punto. Insomma, pensavo che volevo essere adulta. A teatro scrivo date su dei pezzetti di carta che non so a che serve. Alla rivista incollavo pagine su un cartellone che non so a che serve. Quelli della fabbrica abbandonata dove dovevo lavorare all'inizio di questa mia avventura mi hanno chiamato tre giorni fa mentre vomitavo dopo aver bevuto vino e rum , vino e rum a casa di Katerina, chiedendomi se già lavoravo per loro. E io con la voce impastata ho detto che avevo fatto il colloquio mesi fa e che poi se n'erano scordati. E loro: Happy New Year.
Sono andata alla mostra che c'era in questo posto e ho visto un orsacchiotto coperto di merda. Gli artisti avevano i capelli ingellati come nella pubblicità della Garnier, i completi eleganti con le scarpe da tennis a strisce gialle e verdi, la sigaretta col bocchino e carezzavano l'orsacchiotto. E' stato meglio che non mi hanno chiamato. Magari mi avrebbero fatto pulire l'orsacchiotto o ingellare qualcuno. Mentre tornavo a casa da uno di questi pomeriggi kafkiani notavo che i pazzi che ci sono qui non sono i soliti vecchi come a Palermo o a Torino, ma più che altro i giovani che non sono nè drogati nè niente, solo pazzi. C'era uno che faceva avanti e indietro nel corridoio della metro, Scendeva alla fermata e risaliva da un'altra parte. Un altro voleva estirpare la poltrona. Alle stazioni, mentre aspetti, ci sono degli schermi dove proiettano dei cartoni tipo south park con le regole di un rispettoso uso della metro. In uno ci sono due balordi con la bottiglia in mano - uno con la panza ben delineata - che offrono da bere a una neonata. Non si fa. In uno ci sono due viaggiatori con lo zaino ingombrante che schiacciano una tipa mingherlina. Non si fa. In uno ci sono dei tifosi con le mani alzate che gridano Ale Oo che schiacciano la stessa mingherlina, che però anche lei fa ale oo e quindi non si capisce. Comunque non si fa. Si sono scordati di mettere che in metro non si scopa. Non si sa come mai ma la metro fa eccitare i praghesi. Le coppie arrivano senza manco mano manina e iniziano a slinguazzare. Dove ti giri ti giri tutti si toccano o slinguazzano. Tutti. Lo fanno anche in tre. Qui va di moda l'uomo col ciuffo accompagnato da due squinzie tigrate. Giulia l'architetto dice che quando ha fatto l'erasmus in germania ne ha viste di tutti i colori soprattutto tra gli spagnoli. Che gli spagnoli sono molto avanti in queste cose. Per me va bene tutto ma davanti a me no. Davanti a me solo disegni cubisti.

venerdì 2 gennaio 2009

Il Leone quest'anno non è granchè. Neanche Paolo Fox mi dà soddisfazioni.

Avrei voluto passare il capodanno nella metropolitana di Budapest, quella della linea gialla a due vagoni stile 800 con il jingle a ogni fermata. Scendevi e c'era una scenografia da sudtirolo. Giulia che è di Trento si sentiva a casa. Avrei voluto passarlo lì il capodanno, che magari la voce registrata ungherese avrebbe fatto il countdown e qualcuno avrebbe stappato lo spumante. Invece ho passato il capodanno a Praga, al Jet Set, dove il marajà metteva musica. Pensavo che un posto valeva l'altro. Eravamo una colonia di siciliani: 10 noi più vari amici e fidanzati/e. Arrivati , ho visto le cameriere platinate con la minigonna tanga e volevo infilarmi dentro un casco del parrucchiere con il walkman. C'era un buffet di piatti tipici cechi: gnocchi di pane, crauti rossi e bianchi, pollo all'aglio e involtini primavera. Il vino non era compreso. Con tutta la buona volontà non sono riuscita ad ubriacarmi. Prima di mezzanottre abbiamo ben pensato di andare a vedere i fuochi d'artificio in piazza. Mancava mezz'ora e già sparavano di brutto. Ad altezza uomo. La gente scappava, si nascondeva dentro l'entrata della Metro. Era la guerra. A mezzanotte non se n'è accorto nessuno che era mezzanotte. Giulia a un certo punto mi fa: E' mezzanotte. E io: Oh, auguri. Nessuno si abbracciava. Nessuno stappava niente. Poi hanno incominciato in differita. Siamo tornati dal marajà per ballare Britney Spears e mi ha raggiunto il mio amico portoghese con cui verso le tre siamo andati a cercare altri posti. C'erano meno otto gradi e nessun locale nelle vicinanze aperto. Troppo freddo per cercare ancora. Siamo entrati in uno qualsiasi per scaldarci. Appena ho visto il divano mi sono coricata mentre una tipa ubriaca che ci aveva presi tutti per portoghesi raccontava una storia interessantissima che le era successa in autobus a tra Lisbona e Porto. Era lei in autobus e poi mi sono addormentata. Forse non succedeva niente lo stesso. Ho chiesto a Giulia e a Rui cosa succedeva e non sapevano dirmelo. Lei correva co ste valigie per prendere l'autobus. Fine.
L'uno sono andata a vedere altri fuochi d'artificio, che a quanto pare erano l'evento dell'anno. Per vederli bene tutti si appostavano vicino uno dei ponti, in mezzo alla strada con le macchine che passavano. Io ero troppo bassa per vedere qualcosa. Mi hanno chiesto di fare un paragone con quelli italiani e io ho detto che erano tutti gli stessi sti fuochi, che finchè non erano ad altezza uomo andava bene. C'erano solo italiani. Anche dove abito io c'erano solo italiani e io abito in culonia. Anche a Budapest c'erano un sacco di italiani. Siamo più numerosi dei cinesi. Prima quando in un paese straniero dicevo che ero palermitana, dicevano: spaghetti, mafia. Ora dicono: Berlusconi, mafia. In una bancarella c'era una matrioska con Berlusconi che se l'aprivi ci trovavi Prodi, Amato, Andreotti. C'era pure una matrioska con le varie fasi di sbiancatura di Micheal Jackson. Se potessi scegliermi un lavoro part-time vorrei fare parte del team che progetta i souvenir da vendere nelle bancarelle. Mi accontenterei anche di un brainstorming.
Tutti dicono che il 2008 è stato una merda. E allora meno male che se n'è andato.