giovedì 5 febbraio 2009

un pezzo d'universo

Sono tornata a Torino da due settimane e passa e mi sembra che da Praga non me ne sono mai andata perchè Torino è la continuazione di Praga e anche se non c'è Kafka ma Fruttero e Lucentini, un Fruttero e Lucentini, è tutto molto accardiano lo stesso. Lì ti tiravano i cornetti in testa, qui se uno ti sbatte l'ombrello nell'occhio invece di chiederti scusa pretende le scuse da te. Lì era colpa del comunismo, qui della recessione. Dovunque c'è tristezza e disoccupazione. Un ragazzo è stato rapinato e in commissariato per fare la denuncia volevano cinque euro. Per distrarmi volevo fare tip tap ma o ero l'unica iscritta o non avevano attivato il corso. Nella scuola per attori non ho osato. Quindi mi sono iscritta a ginnastica dolce in un palestrone Reale, insieme agli ottuagenari. Loro però riescono a stringersi le mani dietro la schiena e io no. Entro e nessuno mi chiede chi sono e chi non sono, neppure se sono iscritta. Non sono iscritta infatti. L'insegnante diceva a me e agli ottantenni che eravamo in tempo per la prova costume, attorno a me sentivo: prima ci devo arrivare alla prova costume. Torno a casa sotto la pioggia; io esco ed entrano i giovani di arti marziali e di acrobatica. Il prossimo anno faccio acrobatica, penso. Il prossimo anno faccio tutto. Piove e sbaglio fermata dell'autobus. Ma che ci fai a Torino? mi hanno chiesto un pò tutti da quando sono tornata, dato che non ho lavoro. Boh. Cammino sotto la pioggia pensando che forse era meglio starsene a Praga, fare tip tap con vecchi e bambini, uscire con Katerina, bere birre a tignitè - qui l'aperitivo è aumentato di brutto. Ho portato Simona in un locale scrauso dicendole che era il più economico di Torino e il vino era cinque euro. A settembre era 3 euro. E' aumentato anche l'affitto. Chissà se ci arrivo anch'io alla prova costume. Cammino senza darmi risposte; come direbbe Dave: è così. Non so se lo direbbe Dave, mi piace pensare che lo direbbe lui perchè da quando è andato a Roma è il mio maestro di saggezza. Cammino con tutto il piumino bagnato e cerco un bar per prendere un caffè. Un tipo con gli occhiali grandi rotondi con la montatura bianca, vestito come Manu Chao mi chiede se può regalarmi un pezzo di universo. Ne ho già dieci ma un pezzo di universo in più non fa mai male, gli dico. Mi dà un pezzo di puzzle e spalanca il braccio. Lo abbraccio e lui mi dà mille baci sulla guancia. Mentre sono lì per strada, davanti il ristorante giapponese, a farmi abbracciare e baciare, la gente passa e ci guarda male. Il tipo che si chiama Graziano continua ad abbracciarmi e dice che sono tanto dolce e tanto bella. Io mi sento a disagio con gli abbracci, soprattutto dei maschi, mi sento a disagio con i baci continui sulle guance, quando lo faceva mia nonna volevo scappare, quando lo fa mia madre voglio scappare. Graziano inizia a baciarmi all'eschimese, naso contro naso e io rimango lì. Non ti voglio violentare, mi dice. Mi fa paura come mi può fare paura uno con gli occhiali grandi rotondi dalla montatura bianca - anche se il mio ex non era poi così diverso. Mi dice che sono dolce, che sono bella e io li odio i complimenti, perchè "sei bella sei bella però preferisco la bionda norvegese". Odio i complimenti ma da Graziano me li faccio fare e ci abbracciamo per tre ore davanti il ristorante giapponese, con la gente che passa e ci guarda male, la pioggia che batte sull'ombrello di Graziano che però ripara anche me. Lui continua a fare naso naso.
"Ma tu vai a dispensare abbracci in giro?"
"Nessuno si fa abbracciare, solo tu che sei dolce. C'è tanta dolcezza repressa in te" mi dice. Poi naso naso. "Non sei abituata ai baci dolci". Eh no Graziano. "Solo ai baci passionali". Eh no Graziano. Da un pò di tempo a questa parte mi sento neutrosessuale. Naso naso, abbracci e poi mi stacco. Gli dico che sono tornata dalla palestra e devo farmi la doccia. "Ecco perchè non sei aggressiva, hai scaricato tutta l'aggressività in palestra." Il prossimo anno acrobatica, penso. Mi dà gli ultimi baci sul mento.
Torno al mio "castello", come lo chiama Graziano, sotto la pioggia. C'è aria di tristezza in giro, ma io sono ancora friendly.
Prossimamente: iamintorino

mercoledì 14 gennaio 2009

Shiny happy people

"Non ho imparato manco a fare le fotocopie" dice Sofocle, che è andato a lavoro due volte in tre mesi e il suo compito era scrivere un mini articolo sui rom. Di solito fare le fotocopie è considerato l'ultimo gradino nella scalata sociale, uguale a fare i caffè e pulire i cessi. Se non fai manco quelli sei sotto la scala o peggio ancora gli stai passando in mezzo che porta sfortuna. I nostri datori di lavoro devono rilasciarci dei certificati che attestano le abilità che abbiamo acquisito. A che ridevo per Sofo a che ho pensato: ma perchè io ho imparato a fare le fotocopie?
Speravo di fare un lavoro diverso da quello di traduttrice e invece alla fine ho perlopiù tradotto. Sono perfino diventata una love translator. Quando l'americana cinquantenne voleva scoparsi il brasiliano giovane che non parlava niente di inglese mi ha chiesto di tradurre le loro transazioni. Lei mi diceva: Chiedigli se vuole scopare con me stanotte. Vengo nella sua stanza d'albergo. E io lo traducevo in portoghese, lingua che sconosco, cercando termini eleganti. Sono andati via insieme e la mattina quando sono andata a prendere lui alle 4 per portarlo in aeroporto e gli ho chiesto com'era andata la serata mi ha detto che non aveva capito niente, che pensava lei volesse dividere il taxi perchè abitava vicino all'albergo di lui. La chiarezza è un'abilità che non ho acquisito.
Però una cosa c'è. A 20 anni quando sono andata in Irlanda per fare la ragazza alla pari non vedevo l'ora di tornare. Non avevo amici, l'unico amico era il bambino di un anno a cui facevo da babysitter che aveva imparato a dire il mio nome. Quando sono andata in Spagna per l'Erasmus a 24 anni non vedevo l'ora di tornare perchè il mio coinquilino era un macellaio pazzo e avevo due o tre amici che ho recuperato solo da un mese su facebook. Quando mi sono trasferita a Torino in 4 anni mi sono fatta meno amici di quanti ne ho adesso a praga. Se c'è una skill che ho sviluppato è che sono diventata friendly. E' iniziato da quando Simona una volta mi ha detto che quando conoscevo gente nuova, soprattutto se eravamo in tanti e a tavola, io stavo sempre zitta. Me l'ha detto anche Laura che non ero il massimo della convivialità. Ora sono il massimo della convivialità. Tiè. Intrattengo i brasiliani col mio finto portoghese, i coreani col mio finto inglese, i cechi poliglotti col mio finto italiano e i cechi non poliglotti a gesti. Alcuni cancellano impegni per potermi salutare come si deve. Krystyna la polacca mi ha regalato una calamita col baby jesus. Patricie la ballerina mi ha voluto presentare il suo fidanzato argentino a tutti i costi. Col vecchio oggi mi stavo mettendo a piangere, ma sono una dura come dave. Se si potesse mettere come skill direi che sono diventata friendly. In un posto dove se ti trovi per caso nella stessa traiettoria di uno che ha fretta ti sbuffa in faccia sputandoti.
Oggi ero alla galleria nazionale in uno dei workshop per bambini. la prima fase era mandare i bambini in una sala espositiva, fargli copiare un'opera che più gli piaceva e poi andare in aula e commentare. Io ero lì in sala senza far nulla, chiedevo alla tipa di spiegarmi qualche quadro e lei mi lasciava sbattere. A un certo punto vedo lei e i bambini allontanarsi e uscire dalla sala. Lei mi guardava e poi ha affrettato il passo. Mi avevano seminato. Nel famoso bivio posso dire che: Mari è andata a Praga e nonostante l'ostilità dei praghesi diventò friendly.

domenica 11 gennaio 2009

è tutto molto accardiano

Quando mi chiedono di raccontare la mia esperienza di lavoro nella praghesia e molto onestamente gliela racconto, tutti commentano che è molto kafkiana. Io, che di Kafka ho letto solo la metaformosi nell'antologia della scuola media e per colmare l'ignoranza mi sono fatta portare Il Processo da Chiappara quando è venuta a trovarmi ma dopo la prima pagina ho ripreso a leggere La storia dei trattori in Ucraina, non so bene cosa significa kafkiano ma credo sia uguale ad accardiano: illogico, senza senso.
Mi chiedono: Che lavoro fai? E io: lavoro alla Galleria Nazionale. E tutti: Oh, figo. E che fai? Disegno. Cosa? Disegno. Ero interessata ai workshop e la mia referente ha detto che potevo essere di molto aiuto. Sono andata lì - era un laboratorio di pittura - nessuno sapeva che dovevo andarci, parlavano in ceco e disegnavano. Io ero seduta su una sedia e li guardavo disegnare. Ho chiesto all'insegnante se potevo scattare delle foto, come documentazione. No, mi ha risposto. Stai tranquilla e siediti. Il secondo workshop era pure di pittura ma cubista. L'insegnante prima ha fatto fare un tour della mostra cubista - non si è posta il problema che io avessi bisogno di una traduzione - e poi ha lasciato come compito di fare un dipinto. Una signora bionda vedendomi ciondolare spaesata mi ha messo un foglio e un pennello in mano e mi ha fatto spazio sul tavolo. Dovevamo lavorare in coppia e farci il ritratto reciproco. C'erano tempere, acrilici, pettini rotti, cartoni, sabbia. Gli altri sapevano il fatto loro, io andavo a muzzo. Copiavo la signora che però stava ritraendo me e quindi non potevamo fare le stesse cose. L'insegnante mi ha detto: Mari, il tuo quadro è bellissimo, ma forse devi colorarlo un pò meglio. Però è bellissimo, davvero. Alla fine abbiamo fatto una specie di esposizione delle nostre opere. Io ho pensato bene di nascondermi dietro l'attaccapanni e far finta di niente. L'insegnante non mi ha cercato.
Ieri dovevo andare a un lavoratorio di fotografia. Vado all'indirizzo che mi ha dato la mia referente. Dico ai guardiani che sono venuta per il workshop e si mettono a ridere. Era da un'altra parte. Poi sono venute delle persone che mi guardavano e ridevano senza motivo. Vaffanculo, ho pensato, non ci vado. E sono andata a comprarmi dei souvenir nel quartiere ebraico, dove ho trovato la matrioska di Micheal Jackson che Costanza tanto voleva ma che costava 20 euro. Vaffanculo, pensavo. Voglio essere un'adulta e avere una vita regolare: un marito, una casa, un lavoro, una macchina e un cane. Mi va bene anche un fidanzato, una roulotte e un cane. O solo un fidanzato e un cane. O anche un cane a sto punto. Insomma, pensavo che volevo essere adulta. A teatro scrivo date su dei pezzetti di carta che non so a che serve. Alla rivista incollavo pagine su un cartellone che non so a che serve. Quelli della fabbrica abbandonata dove dovevo lavorare all'inizio di questa mia avventura mi hanno chiamato tre giorni fa mentre vomitavo dopo aver bevuto vino e rum , vino e rum a casa di Katerina, chiedendomi se già lavoravo per loro. E io con la voce impastata ho detto che avevo fatto il colloquio mesi fa e che poi se n'erano scordati. E loro: Happy New Year.
Sono andata alla mostra che c'era in questo posto e ho visto un orsacchiotto coperto di merda. Gli artisti avevano i capelli ingellati come nella pubblicità della Garnier, i completi eleganti con le scarpe da tennis a strisce gialle e verdi, la sigaretta col bocchino e carezzavano l'orsacchiotto. E' stato meglio che non mi hanno chiamato. Magari mi avrebbero fatto pulire l'orsacchiotto o ingellare qualcuno. Mentre tornavo a casa da uno di questi pomeriggi kafkiani notavo che i pazzi che ci sono qui non sono i soliti vecchi come a Palermo o a Torino, ma più che altro i giovani che non sono nè drogati nè niente, solo pazzi. C'era uno che faceva avanti e indietro nel corridoio della metro, Scendeva alla fermata e risaliva da un'altra parte. Un altro voleva estirpare la poltrona. Alle stazioni, mentre aspetti, ci sono degli schermi dove proiettano dei cartoni tipo south park con le regole di un rispettoso uso della metro. In uno ci sono due balordi con la bottiglia in mano - uno con la panza ben delineata - che offrono da bere a una neonata. Non si fa. In uno ci sono due viaggiatori con lo zaino ingombrante che schiacciano una tipa mingherlina. Non si fa. In uno ci sono dei tifosi con le mani alzate che gridano Ale Oo che schiacciano la stessa mingherlina, che però anche lei fa ale oo e quindi non si capisce. Comunque non si fa. Si sono scordati di mettere che in metro non si scopa. Non si sa come mai ma la metro fa eccitare i praghesi. Le coppie arrivano senza manco mano manina e iniziano a slinguazzare. Dove ti giri ti giri tutti si toccano o slinguazzano. Tutti. Lo fanno anche in tre. Qui va di moda l'uomo col ciuffo accompagnato da due squinzie tigrate. Giulia l'architetto dice che quando ha fatto l'erasmus in germania ne ha viste di tutti i colori soprattutto tra gli spagnoli. Che gli spagnoli sono molto avanti in queste cose. Per me va bene tutto ma davanti a me no. Davanti a me solo disegni cubisti.

venerdì 2 gennaio 2009

Il Leone quest'anno non è granchè. Neanche Paolo Fox mi dà soddisfazioni.

Avrei voluto passare il capodanno nella metropolitana di Budapest, quella della linea gialla a due vagoni stile 800 con il jingle a ogni fermata. Scendevi e c'era una scenografia da sudtirolo. Giulia che è di Trento si sentiva a casa. Avrei voluto passarlo lì il capodanno, che magari la voce registrata ungherese avrebbe fatto il countdown e qualcuno avrebbe stappato lo spumante. Invece ho passato il capodanno a Praga, al Jet Set, dove il marajà metteva musica. Pensavo che un posto valeva l'altro. Eravamo una colonia di siciliani: 10 noi più vari amici e fidanzati/e. Arrivati , ho visto le cameriere platinate con la minigonna tanga e volevo infilarmi dentro un casco del parrucchiere con il walkman. C'era un buffet di piatti tipici cechi: gnocchi di pane, crauti rossi e bianchi, pollo all'aglio e involtini primavera. Il vino non era compreso. Con tutta la buona volontà non sono riuscita ad ubriacarmi. Prima di mezzanottre abbiamo ben pensato di andare a vedere i fuochi d'artificio in piazza. Mancava mezz'ora e già sparavano di brutto. Ad altezza uomo. La gente scappava, si nascondeva dentro l'entrata della Metro. Era la guerra. A mezzanotte non se n'è accorto nessuno che era mezzanotte. Giulia a un certo punto mi fa: E' mezzanotte. E io: Oh, auguri. Nessuno si abbracciava. Nessuno stappava niente. Poi hanno incominciato in differita. Siamo tornati dal marajà per ballare Britney Spears e mi ha raggiunto il mio amico portoghese con cui verso le tre siamo andati a cercare altri posti. C'erano meno otto gradi e nessun locale nelle vicinanze aperto. Troppo freddo per cercare ancora. Siamo entrati in uno qualsiasi per scaldarci. Appena ho visto il divano mi sono coricata mentre una tipa ubriaca che ci aveva presi tutti per portoghesi raccontava una storia interessantissima che le era successa in autobus a tra Lisbona e Porto. Era lei in autobus e poi mi sono addormentata. Forse non succedeva niente lo stesso. Ho chiesto a Giulia e a Rui cosa succedeva e non sapevano dirmelo. Lei correva co ste valigie per prendere l'autobus. Fine.
L'uno sono andata a vedere altri fuochi d'artificio, che a quanto pare erano l'evento dell'anno. Per vederli bene tutti si appostavano vicino uno dei ponti, in mezzo alla strada con le macchine che passavano. Io ero troppo bassa per vedere qualcosa. Mi hanno chiesto di fare un paragone con quelli italiani e io ho detto che erano tutti gli stessi sti fuochi, che finchè non erano ad altezza uomo andava bene. C'erano solo italiani. Anche dove abito io c'erano solo italiani e io abito in culonia. Anche a Budapest c'erano un sacco di italiani. Siamo più numerosi dei cinesi. Prima quando in un paese straniero dicevo che ero palermitana, dicevano: spaghetti, mafia. Ora dicono: Berlusconi, mafia. In una bancarella c'era una matrioska con Berlusconi che se l'aprivi ci trovavi Prodi, Amato, Andreotti. C'era pure una matrioska con le varie fasi di sbiancatura di Micheal Jackson. Se potessi scegliermi un lavoro part-time vorrei fare parte del team che progetta i souvenir da vendere nelle bancarelle. Mi accontenterei anche di un brainstorming.
Tutti dicono che il 2008 è stato una merda. E allora meno male che se n'è andato.

giovedì 25 dicembre 2008

Vesele Vanoce!

I cechi per la vigilia prima di accendere la luce del pianerottolo vedono se qualcuno dei vicini l'ha già accesa, se no saranno i prossimi a morire. Mettono delle barchette fatte col guscio di noce dentro una bacinella con l'acqua e intuiscono mala sorte se la barchetta annega, se no, tutto è possibile. Tirano la pantofola all'indietro verso la porta: se la punta indica fuori sono previste partenze. In casa le scarpe non si usano. Io avevo una gonna nera a fiori arancioni, viola e bianchi e mi hanno dato delle pantofole blu a fiori fuxia, verdi e gialli. Sembravo un alberello di natale tascio.
Katerina mi ha invitata a casa sua a passare il natale. Ho portato una bottiglia di Nero D'avola e un cappellino col fiore per lei. A casa mia i regali si danno il 25, quando si danno. Da lei si danno il 24 e a me ne hanno dati 5. La famiglia di Katerina mi fa dimenticare tutti i cornetti che i commessi cechi mi hanno tirato. Siamo andati anche al cimitero dove non ci sono così tante foto come a palermo e pensavo che tutti si chiamassero rodina, invece significa famiglia. I signori importanti avevano dei blocchi di marmo grigi, fascisti; anche quelli buoni che avevano aiutato i poveri. Katerina mi raccontava di sua nonna che era rimasta orfana da piccola, era stata affidata a uno zio ed era morto pure lui. Mentre me lo raccontava pensavo a mia madre che sin dalle elementari faceva l'infermiera a mia nonna e ho fatto riflessioni sulla reincarnazione. Mi chiedevo con quale criterio uno si reincarna: inizia con una vita di merda che va sempre a migliorare? O dipende da come te la giochi?
A volte mi viene il dubbio che la vita sia una e basta.
Il nonno di Katerina era solo da dieci anni. Vestito come tutti i nonni del mondo, compresa la coppola. Ci siamo fatti una foto abbracciati, mentre mangiavamo la torta a forma di carpa. Il padrone di casa deve cucinare i dolci con le proprie mani. E' una regola. Vorrei vedere mio padre a fare la cassata. L'ho sentito al telefono e mi fa: Ci sono dolci là? E io: Certo papà: No perchè io quando facevo il rappresentante una volta sono andato in un paesino della Puglia e la mattina quando siamo andati a fare colazione al bar, a parte il caffè non c'avevano niente.
In Cechia hanno dei dolci buonissimi. A un certo punto il padre di Katerina si è messo a suonare il pianoforte, il fratello il violino, lei il sassofono, la madre la pianola, il nonno cantava e a me mi hanno chiesto: Tu sai cantare, sai suonare qualcosa? Mi sono vergognata di non saper fare niente. Forse nell'altra mia vita ero un bradipo. Cantavano le canzoni di Natale e Bella Ciao. Poi siamo andati tutti in chiesa anche se loro non credono e io avrei capito zero. A casa ci aspettava la registrazione di un film per la tv ceca in cui recitava il fratello che è una specie di Alessandro Preziosi. Si è messo pure a nevicare. Guardavo fuori dalla finestra di questo villaggio vicino Nachod, con le casette, gli alberi che vogliono abbattere per fare un'autostrada, le galline, il nulla e mi mancava Palermo. La madre di Katerina mi ha regalato il ferro da mettere sotto le scarpe per il tip tap. Lei lo fa da sette anni ed è diventata campionessa di qualcosa. Lo insegna pure. Aveva le foto di un viaggio fatto in Italia, in cui c'era Palermo e il Santuario di Santa Rosalia. La Santa, ho gridato. La Santa.
La mia amica Chiappara che è venuta a trovarmi dice che dovrei trasferirmi qua. Mi ha comprato la statuina del bambinello Gesù con il vestito viola, il mio preferito. Pregherò che mi faccia innamorare, a Praga, Nachod, Palermo, Torino, treno, pullman, dovunque. Prenderò lezioni di fisarmonica con mio figlio e a Natale canteremo tu scendi dalle stelle dal balcone.
Il 25 sono stata a casa con gli altri Leonardi. Ci siamo vestiti bene e ci siamo scambiati i regali col sorteggio. A me è capitato un souvenir di Praga a forma di boccale. Il regalo peggiore però a quanto pare è la candela blu capitata a Giulia. Anche se in fondo chi se ne frega. Di pomeriggio ognuno è tornato al suo computer.
Buon Natale miei affezionati lettori.
Io pregherò il bambino Gesù col corredino. Voi pregate chi volete.

martedì 16 dicembre 2008

Le lapidi sono dovunque

Praga oltre a contare il maggior numero di persone sciancate o con stampelle, conta anche il maggior numero di facce tumefatte. Oggi ho visto almeno quattro ragazzi con un occhio nero. O hanno partecipato tutti alla stessa rissa o è una coincidenza o hanno una malformazione congenita come se ne vedono tante. Questa città ha la raggia nel cuore. Con i brasiliani andavo sempre in un ristorante pub vicino il teatro (fabbricone) e ci portavano i menù in inglese. Di malavoglia ma ce lo portavano. Non che servisse visto che per i brasiliani l'inglese era uguale al ceco, ma per me che ero l'interprete professionista era meglio. Ci sono tornata da sola in questo pub e il cameriere mi ha portato il menu in ceco. Gli ho detto se per favore mi portava quello in inglese e mi ha detto che non ce l'avevano. Ma come no?; No, mi fa lui, con le mani come a dire, cazzi tuoi. Guardo il menù per cinque buoni minuti soffermandomi sui disegni a bordo pagina e poi mi alzo incazzata e vado al bancone. Voglio un menu in inglese, ce l'avete, dico. Il cameriere mi fa gridando: Sit down, sit down. Ma dove s'è visto mai un cameriere che dice al cliente Siediti! In Cechia si vedono, solo qui. Viene un altro cameriere che fingeva di parlare inglese e mi spiega quattro piatti. Ne ordino uno a caso e me ne porta un altro. Ci credo che poi uno è arrabbiato e va in giro con la funcia.
Per sfogare la rabbia stamattina sono andata a correre. Avevo detto qui a casa che sarei andata alle otto ma quando alle otto le altre si sono svegliate e io ancora runfuliavo, mi hanno chiamata Talk Talk. E invece ci sono andata alle nove e mezza a correre. Mi sono fatta prestare le scarpe da tennis da Barbara, che ha una misura in meno di me. Ci sono andata alle nove e mezza e alle dieci meno venti ero già di ritorno. "Ma che, non ci sei andata più, Talk Talk?" mi ha detto Martina. "Secondo te perchè c'ho il fiatone?" ho detto indispettita. "Le scale?"; "No, ho fatto dieci minuti. Era il primo giorno. Piano piano." Ha iniziato a ridere e non l'ha finita più. Voglio vedere lei a correre con le scarpe strette, in mezzo alla strada con le macchine che passavano. Prima di trovare un parco ho rischiato di essere investita da un'ambulanza sul marciapiede. E quando l'ho trovato non l'ho capito subito che era un parco. Attorno c'era una specie di baraccopoli con un camper che vendeva biglietti per entrare. Volevo capire cosa c'era da vedere ma lo sportello era chiuso e dentro la baraccopoli c'erano solo capanne di alluminio e sedie scassate. Domani andrò a correre per quindici minuti e lo scoprirò.
Quando cammino per questa città mi sembra di stare dentro il catalogo Postalmarket, come direbbe Costanza. Già quand'ero piccola, negli anni 80, i vestiti del Postalmarket mi sembravano anni 70, perchè anche se non capivo niente di moda associavo gli anni 70 a Rod Stewart e a come si vestivano nell'Ispettore Derrick, che purtroppo è morto ieri o l'altro ieri. Praga è un catalogo umano recuperato dalla cantina di qualche casa. Mi sembra che il tempo si sia fermato e io ho perso il passaggio per il futuro insieme a Micheal J. Fox. Però mi piace. Capissi la lingua manderei tutti affanculo e mi farei rispettare. E d'altronde non è manco colpa loro se la lingua non la capisco e loro non parlano inglese. Non è colpa di nessuno. Domani pulirò i cessi del teatro. (fabbricone), fa parte del mio internship.

domenica 14 dicembre 2008

Anche i bagni qui fanno paura

In aereoporto, mentre aspettavamo i brasiliani che non arrivavano mai perchè braccati al controllo, agli arrivi c'eravamo solo io, la ragazza polacca che lavora con me e una famiglia inglese con madre, padre e due bambini piccoli, maschio e femmina. La femmina aveva le smanie e piangeva perchè voleva le patatine del fratello. Si arrampicava dovunque trovava appigli e gridava. A un certo punto le porte si sono aperte ed è uscito un signore anziano. "Il nonno" ha detto la mamma. La bambina si è zittita, l'ha guardato e il nonno senza salutare nessuno le ha preso la mano e se ne sono andati. Come se non stesse scendendo dall'aereo ma fosse andato a prendere qualcosa in macchina. Lui altissimo e lei minuscola che per dare la mano al nonno doveva stare un pò in punta di piedi.
A me queste cose commuovono. Chissà che problemi ho, pensavo. Ho guardato la polacca e aveva gli occhi lucidi anche lei. Chissà che problemi abbiamo, ci siamo dette.
Penso al vecchio col bastone che abita al settimo piano, a Torino, nel palazzo senza ascensore. Lo incontro nel pianerottolo quando vado a portare fuori Rama e quando ritorno lui è appena arrivato in cortile. Penso a quando alle scuole elementari è venuto il sindaco Orlando e ci hanno fatto mettere in fila ordinata. Facevamo bordello e la maestra è impazzita e si è messa a prenderci a schiaffi alla rinfusa. Ovviamente a me mi ha presa in pieno e mi ha fatto male. I genitori di tutti noi bambini volevano farla licenziare e il giorno dopo, a una riunione, lei con la testa bassa ci ha chiesto scusa e io che ero la più arrabbiata di tutti quando l'ho vista con la faccia bassa, i capelli bianchi oleosi, le rughe nelle mani, mi sono alzata e le ho dato un bacio. I miei compagni mi hanno preso per il culo fino alla fine dell'anno.
I vecchi mi fanno piangere. Vecchi e bambini insieme mi fanno piangere di più. Se poi ci sono anche cani in mezzo piango a singhiozzo.
I brasiliani sono partiti e io sono molto triste. Il percussionista è andato via il giorno prima; per accompagnarlo all'areoporto mi sono svegliata alle 4. Aveva il cambio a Parigi e aveva paura che lì non ci avrebbe capito niente. Era terrorizzato. "E' troppo grande quell'areoporto" mi diceva. "Se sbagli strada per tornare indietro devi prendere il taxi e lì le macchine non possono entrare." Ci siamo mangiati un panino con l'uovo e gli ho regalato i miei guanti bianchi a righe nere che in Brasile non userà mai. Il ballerino invece è andato via ieri mattina; prima l'ho accampagnato a comprare dei distillati di Praga da portare agli amici e due babbi natale di cioccolata per i nipotini. Al supermercato girava col mio capello di lana celeste con le foglie disegnate. Era strano vedere uno che riesce a muovere tutti i muscoli contemporaneamente e che viaggia da un capo all'altro del mondo comprare il babbo natale. Qualsiasi età abbia, di bianco ha solo qualche pelo sulla barba. All'areoporto ho pianto. Sua moglie è fortunata ad avere uno così, che tratta la gente allo stesso modo, e non come il regista che dopo lo spettacolo ha ringraziato solo i famosi e agli altri che si erano fatti un culo tanto manco una stretta di mano. La moglie del ballerino è fortunata e a me mancherà. Questa mia incursione nel mondo teatrale è valsa la pena solo solo per lui. A parte il regista che mangiucchia tutto il tempo e schifa chiunque non entri nel suo spettacolo, gli attori sono simpatici. Ti parli per cinque secondi e poi tutte le volte che ti incontri sono baci e abbracci. Questi lavorano otto, nove ore al giorno, quando va bene, e guadagnano al mese meno dell'affitto di casa mia a Torino. Quelli che lavorano in ufficio invece fumano 3 pacchetti di sigarette, mangiano davanti il computer e quando si ubriacano hanno gli occhi tristi. Io ho soltanto guardato in questo mio stage: guardavo i ballerini che sudavano al workshop, ("Beata te che stai spaparanzata" mi dicevano. "Voi però siete delle scamorze affumicate e io una ricotta" rispondevo, anche se non so i nomi dei formaggi in inglese), guardavo le tipe che si pigliavano per i capelli in ufficio, guardavo gli ospiti che si tenevano gli occhi aperti con le mani durante le conferenze. Certe volte è bello non essere pagati per non essere coinvolti nello stress.
Alla festa di saluto tutti si abbracciavano e ridevano. A me a un certo punto mi facevano male le mascelle dal sorridere ed ero stanca di stare simpatica per forza. Volevo stare in un angolo e accarezzare il mio cane che è a casa. A momenti quando sono circondata da tutta questa gente ho impulsi di esaltazione e subito dopo mi sento tristissima. Vorrei degli abbracci duraturi; qualcuno da aspettare all'aereoporto senza bisogno del cartellino col nome.
Fra poco è Natale e la città è piena di alberi addobbati e mercatini dove vendono il vin brulè. Hanno momtato delle chiese di plastica trasparente dove cantano le canzoni in latino. Con chi parlo parlo tutti passano le feste in famiglia. Anche il regista non prescinde. Io e quelli della comune siciliana faremo un pranzo con tombola annessa. Se i miei genitori sapessero usare Skype ci guarderemmo almeno. Non sanno manco scrivere i messaggi sul cellulare. Sono vecchi e quando penso a loro mi viene da piangere. Chissà davvero che problemi ho.